Dolce straniera un sogno m’ha rapito
verso la vostra terra insanguinata
ho visto i vostri fiumi e ho sentito
i canti della steppa desolata.
La vostra lingua ancora non comprendo
dolce straniera che mi fate scuola
e se parlate invan la mente stenta
cercando di afferrar qualche parola.
Oh ma comprendo come un tenue flauto
il linguaggio che parla umile e ardita
l’anima vostra a cui m’accosta cauto
lieve come una coppa proibita.
Lo comprendo così come il linguaggio
dei fiori quando piove la rugiada
si dileguan le stelle e canta il maggio
dai parchi verdi e dalla bianca strada.
E penso al mormorio di una fontana
che nella notte esprima il suo poema
di mistero a una musica lontana
cha c’avvolga in un’estasi suprema
alla carezza d’una mano ignota
in una sera di malinconia
soavemente dalla vostra gola
deterga il pianto della nostalgia.
E dei vostri occhi pieni di destino
pieni di lontananza e di dolore m’appiso
il più bel fior del mio giardino colgo
e lo pongo sopra il vostro cuore.