Alberto Cavaliere, nacque a Cittanova (Reggio Calabria) il 19 ottobre 1897 da Domenico, avvocato e deputato provinciale, uomo di buona cultura umanistica, e Anna Fonti, in una famiglia piuttosto numerosa ma economicamente benestante. Studiò dapprima nel collegio di Montecassino, da dove a tredici anni fu espulso per aver scritto satire contro i professori; poi nel Collegio nazionale di Torino. Si iscrisse controvoglia alla facoltà di chimica dell’università di Roma, rivelandosi abile e bizzarro verseggiatore quando, più per esigenze mnemotecniche che per spirito goliardico, seppe mettere in versi, con rigore scientifico, numerose formule chimiche. Ne nacque un libro famoso, Chimica in versi-rime distillate (Napoli 1921; 2 ed., Bologna 1928), continuato poi con Chimica organica in versi-rime bidistillate (Bologna 1929), che ottenne un buon successo presso la gioventù universitaria.

Si era laureato nel 1921, ma preferì procurarsi di che vivere con lavori saltuari e provvisori: lo stesso anno era entrato nella compagnia teatrale Palmarini-Capodaglio, che lasciò dopo aver recitato per molte sere la stessa battuta nel Beffardo di Berrini. Nel 1929 sposò Fania Kauffmann, di origine russa, giunta a Roma per studiare scultura. Veniva intanto pubblicando alcune raccolte di poesie, come Le soste del vagabondo (Bologna 1925) e La strada sull’abisso (ibid. 1929).

Vi si trovano non di rado versi di pregevole fattura e ricchi di romantica sentimentalità che cantano la cortigiana, la bisca, l’amore fugace, la fortuna capricciosa inseguita febbrilmente nel gioco delle carte o della roulette e altri motivi cari agli scapigliati e ai poètes maudits: nella seconda raccolta sono più facilmente rintracciabili moduli baudelairiani, “ma più alla mano, senz’ombra di velleità sataniche, anzi con un candore di corruzione che fa sorridere, tanto in questa perversità un sogno profondo di bontà apertamente risplende” (D’Ambra).

Dopo alcuni viaggi in Russia, Turchia, Austria, Germania e in altri paesi, finì per entrare come chimico al ministero dell’Aeronautica, dimettendosi però ben presto per dedicarsi alla libera attività di giornalista e di scrittore. Pubblicava intanto La storia romana in versi (Bologna 1930). Qui i grandi fatti degli antichi imperatori, pur rappresentati con fedeltà storica, rasentano la caricatura; un sottile e arguto umorismo, e a volte la piena satira del costume pervadono queste gustose parodie.

Collaborò a vari giornali umoristici e satirici, quali Il Becco giallo, Marc’Aurelio, Bertoldo, Travaso, nonché a L’Illustrazione italiana e a La Domenica del Corriere. Anche la sua attività di romanziere fu piuttosto fervida: in Quella villa è mia (Roma 1937), Poi in Le frontiere dell’impossibile (Milano 1944), spunti autobiografici ed esperienze personali danno il via ad un intreccio avventuroso, gremito di personaggi e denso di episodi; soprattutto nel secondo, che ha il taglio e la struttura di un romanzo d’appendice, la materia narrativa si snoda in una serie interminabile di peripezie in cui l’autore stesso quasi sembra smarrirsi. Seguì Il Megalomane (ibid. 1946), un lungo romanzo d’amore e di pazzia, ambientato nella Roma dell’impero fascista, in una redazione di un grande giornale umoristico: una comicità vivace e prorompente dà vita a situazioni grottesche ed esilaranti con frequenti e sarcastiche allusioni al regime mussoliniano.

Si possono ricordare inoltre: Da Cesare a Churchill (Milano 1950), divertente e piacevole storia d’Inghilterra, in versi; La storia di Milano (ibid. 1959), in sesta rima, in cui abbondano considerazioni e divagazioni umoristiche, ed infine L’Abissinia liberata (Roma 1935); Reparto agitati (Bologna 1936); I campi della morte in Germania (Milano 1945); Le satire politiche, Radiocronache rimate (Torino 1956); Due lombardi alla prima crociata, La parola ad Alberto Cavaliere (Milano-Roma 1953); Milano e poeu pu (Milano 1964); pref. e trad. del romanzo di A. S. Remisov Un uomo fra due mondi (ibid. 1961).

Anarchico in gioventù e iscritto per qualche anno al partito comunista, non sopportò la tronfia retorica del regime fascista, che fu oggetto della sua satira, tanto da dover riparare nel 1933 a Parigi. Rientrato in Italia nel 1935, andò maturando sempre più un’opposizione consapevole e attiva con la collaborazione all’Avanti!, e dopo l’8 sett., con l’iscrizione al partito socialista. Per la sua popolarità, fu presentato nelle liste socialiste dapprima alle elezioni amministrative del 1951 per il Consiglio comunale di Milano, poi a quelle politiche del 1953, riuscendo brillantemente in entrambe; per la campagna elettorale compose alcune pungenti e divertentissime poesie dal titolo Poesie socialiste (ediz. a cura del P.S.I., s.d., ma 1953). Anche in Consiglio comunale, e poi alla Camera, presentò varie volte interrogazioni ed interpellanze in versi sciolti.

Negli ultimi anni collaborò a Stampa Sera e alla redazione milanese del Giornale radio, alternando la sua residenza a Milano con Sanremo. Proprio in questa località rimase vittima di un incidente stradale il 30 ott. 1967; morì a Milano il 7 novembre 1967.