UN POETA SATIRICO A PALAZZO MARINO
di Walter Marossi
in www.arcipelagomilano.org
Cos’hanno in comune questi libri? Canti popolari della Grecia moderna: scelti dalla collezione di C. Claudio Fauriel; Manuale pratico di farmacia; Le strade di Milano; Le vergini; Il pensiero politico di Dante; Due dittatori di fronte; L’opera buffa napoletana durante il Settecento; Storia dell’industria italiana contemporanea; Da Canne a Zama; Vocabolario nomenclature; Lettere garibaldine; Irredentismo e gallofobia: un po’ di storia; Zebrù. Storia di un cane, il grande amico di Allegretto e di Serenella; Le case a buon mercato e le città giardino; Geografia per tutti; L’epilessia; Commento al codice penale; Le acque salso bromo iodiche; le trombe degli angeli; L’italiano è socialista e non lo sa; il conformista indifferente; Questioni di gravimetria; Manualetto di tecnica sindacale; L’amante del cardinale; Il tombone di san Marco; Esistenza e metafisica; I carcerati pregano. Memorie di S. Vittore; I ribelli dell’Amiata; Ne valeva la pena; Tra Carducci e Garibaldi; Passione Garibaldina; Dopo i lampi vengono gli abeti; Peccatrici; Nella stanza del sindaco; Il complotto; Lombardia Libera; Poesia come pane; Il megalomane.
Sono tutti titoli che hanno come autore un consigliere comunale di Palazzo Marino. Ho contato circa 2000 titoli.
Tomi di giurisprudenza, di geografia, di medicina, di ingegneria, storia, memorialistica, filosofia ovviamente di politica ma anche drammi, commedie, racconti per bambini, romanzi, libretti d’opera, canzoni, poesie. Alcuni furono best sellers (come quelli di Brocchi), altri importanti testi universitari, altri strumenti di propaganda, altri furono dimenticati ancora prima di essere editati.
Pochi hanno commentato i propri lavori letterari con ironia, come Turati “Mi han fatto tanti processi… Dovevano invece condannarmi a morte per incitamento al delitto contro la poesia”.
Gli eletti a Palazzo Marino hanno annoverato medici (ben 4 sindaci), avvocati, rettori, professori, giornalisti ma anche muratori, commercianti, ferrovieri, astronomi, stuccatori, cappellai, un premio Nobel, con un tratto unificante, senza distinzione tra destra, sinistra e centro: la voglia di scrivere.
Tra gli autori consiglieri che ebbero successo fa ricordato Alberto Cavaliere, l’unico poeta satirico eletto in consiglio comunale, che in consiglio comunale è più volte intervenuto in versi. Nato a Cittanova (Reggio Calabria) nel 1897 (come racconta l’istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea, storico) proveniva da una famiglia agiata, il padre fu consigliere e presidente del consiglio provinciale di Reggio Calabria. Precoce, fu espulso tredicenne dal collegio per aver scritto versi satirici contro i professori.
Chiamato alle armi “Come ufficiale si trovò al comando di una compagnia d’assalto che venne decimata nel corso di un attacco. Questo episodio lo sconvolse al punto da indurlo a porre fine, a qualunque costo, alla vita militare. Durante una visita del generale Diaz si finse pazzo e venne rinchiuso in manicomio dal quale uscì, a guerra finita nel 1918, grazie all’intervento del fratello Francesco che era avvocato”. Iscrittosi a Chimica, narra lui stesso che, vittima di una bocciatura all’esame di chimica, si presentò a quello di riparazione con tutta la chimica imparata in versi.
Ne nacque un libro famoso, Chimica in versi rime distillate e poi un altro Chimica organica in versi rime bidistillate, che è tuttora ristampato e utilizzato per la facilità con cui consente di memorizzare le formule. Negli anni 20 iniziò la collaborazione con “Il becco giallo” e con “Il Travaso” delle idee, importanti testate umoristico satiriche, la prima dichiaratamente antifascista. Nel 1925 s’iscrisse al Partito Comunista e venne incaricato di svolgere alcune missioni all’estero.
Nel 1931 iniziò la collaborazione con la nuova rivista satirica il «Marc’Aurelio» rivista umoristica da oltre quarantamila copie a numero cui seguì la collaborazione con la rizzoliana rivista satirica il “Bertoldo”. Nel 1937 fu assunto alla radio e si trasferì a Milano. Alla radio tenne rubriche quotidiane d’informazione culturale, condusse programmi musicali e organizzò concorsi e quiz a premi, diventando “una voce” conosciuta.
Nel febbraio del 1940 iniziò la collaborazione con la nuova rivista musicale “Il canzoniere della radio”, pubblicata dall’Editoriale Campi di Foligno. Dalle pagine di questa rivista, nel 1941, lanciò il primo concorso di bellezza “La lettrice più bella” e qualche mese dopo anche la versione maschile: “Il lettore più bello”. Nasce in questi anni l’amicizia con un altro geniale pubblicitario e organizzatore di concorsi Leonida Villani. (vedasi l’articolo su ArcipelagoMilano) .
Dopo le leggi razziali, Cavaliere che aveva sposato un’ebrea russa di nome Fanny Kaufmann, fu costretto a 17 lunghi mesi di fuga e clandestinità fino alla Liberazione. La cognata medico in servizio presso un sanatorio in provincia di Sondrio, viene arrestata e insieme alla madre deportata ad Auschwitz.
Nel 1944 si iscrive al PSI. Nel 1945 Cavaliere raccoglierà la testimonianza della cognata nel libro: I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta, in quello che credo è il primo memoriale di un reduce di Auschwitz ad essere pubblicato in Italia. Ripubblicato in anni recenti dalle edizioni Paoline. Sempre nel 1945 diventa direttore de Il canzoniere della radio e nel 1948 organizza a Viareggio il primo “festival della canzone italiana”, anni dopo reciterà alcune sue poesie dal palco del festival di San Remo.
Diventato una delle voci più note della radio, Inventa una rubrica quotidiana, in calce al giornale radio, in cui commenta, in versi, la notizia del giorno. La trasmissione e poi libro Radiocronache rimate diventa una delle più seguite, cui si aggiungono le altre “Ciciarem un cicinin” (realizzata con Attilio Spiller e le voci di Liliana Feldmann, Evelina Sironi, Fausto Tommei), “Quater pass in galeria”, “El gamba de legn”.
Al gazzettino padano definito da Atzori “uno straordinario laboratorio sperimentale per un giornalismo radiofonico autenticamente impegnato nella ricerca di forme di linguaggio sempre meglio aderenti al racconto della quotidianità”, Cavaliere il lunedì commentava le partite di calcio con una poesia, sempre in poesia seguì il Giro d’Italia.
Per anni “Cavaliere ha prima composto in redazione e sùbito dopo declamato ai microfoni della radio poesie ispirate ai più disparati fatti di cronaca: dalle schermaglie atomiche internazionali al cacciatore di frodo che in un paese della Val Padana uccide centinaia di rondini, dal quarantesimo anniversario della morte di Pellegrino Artusi alle vicende di un Carnevale di provincia, dal dodicenne che vive nel deserto con un branco di gazzelle all’uomo che per appurare se i funghi che raccoglie siano velenosi o no li fa assaggiare a sua moglie”. (Vincenzo d’Angelo).
Autoproclamatosi “il poeta maledetto” ma anche autoironicamente “fine dicitore”, era popolarissimo e alle elezioni del giugno 1951 fu eletto consigliere comunale nella lista che il Corriere definiva socialfusionista cioè il PSI, arrivando secondo per preferenze, battendo personaggi come Alcide Malagugini e Guido Mazzali. Fu forse il primo personaggio ad essere eletto per la popolarità che oggi si direbbe televisiva.
In consiglio comunale intervenne, spesso in versi, più volte a sostegno delle posizioni pacifiste e antinucleari, come ricordò l’Avanti nella sua commemorazione, sotto la battuta si scorgeva un fondo di estrema serietà, un impegno morale coerente e severo.
Nel 1953 è in lista per la Camera dei deputati (per la campagna elettorale ovviamente comporrà dei versi), sarà ottavo primo dei non eletti dietro Nenni, Lombardi e Basso ed entrerà in parlamento avendo Nenni optato per il collegio unico nazionale. Su posizioni di sinistra all’interno del partito, critico verso il centro sinistra non verrà ricandidato nel 1963, successivamente aderirà allo PSIUP.
Alla Camera divenne famoso per i suoi interventi in versi, ma non si creda fosse solo satira occasionale, erano feroci bordate contro la politica democristiana dell’istruzione che lo portò a feroci scontri con Aldo Moro, famoso quello del 17 ottobre 1957 dove denunciava il clientelismo dei baroni universitari e l’assenza di concorsi. Aldo Bozzi lo ricorda come sottile umorista e l’inventore della “poesia parlamentare” e ricorda che una volta ripreso dal presidente di turno che sosteneva che i regolamenti non prevedevano gli interventi in versi rispose:
“Ei fu. Siccome immobile
con un mortal sospiro
pensa che ormai la Camera
non prenderà più in giro
perché fra gli onorevoli
mai più non tornerà”
Degli oltre 30 volumi che ha pubblicato va sicuramente ricordata la Storia di Milano in sesta rima più volte ripubblicata da Mursia e Pancallo Edizioni che così inizia:
Canto l’armi pietose e il capitano?
le donne, i cavalier, l’armi e gli amori?…
Non propriamente: canto te, Milano,
le tue vicende fin dai primi albori,
le gesta dei tuoi uomini preclari,
da Belloveso al sindaco Ferrari.
Scrisse anche una Storia di Roma in versi, una Storia dell’Inghilterra, Due lombardi alla prima crociata e molto altro. Antifascista convinto prese in giro in particolare la non nobile attitudine di correre in soccorso del vincitore. Cosi scrisse nella poesia TUTTI «ANTI» (dopo il 25 luglio 1943)
Vorrei, però, che i pavidi/ed erano milioni
che in piazza s’adunavano/in tutte le occasioni,
contriti, confessassero, /sia pure a denti stretti:
«Applaudivamo Cesare, /scuotendo i gagliardetti,
incensavamo gl’idoli, /li chiamavamo eroi,
con urli formidabili/-Eja! – gridando e- A noi! –
per la pagnotta autarchica / (ce ne costò sbadigli!).
Signori, compatiteci:/abbiamo moglie e figli!».
….
Invece no; vi dicono /con sdegno e con sussiego:
«Non ebbi mai la tessera: / mi spezzo e non mi piego!»
E non trovate un tanghero /che fosse iscritto al fascio,
o urlasse quel bisillabo /che nella penna lascio …
Però, se (Dio ne liberi!) /ricomparisse l’orco,
con il suo vecchio labaro, /stinto, macchiato e sporco,
vedremmo ancora un popolo /plaudire al manganello
e l’aborrita «cimice» / rimettersi all’occhiello.
Perché non c’è da illudersi: /questo è l’usato stile.
Scrisse un poeta italico: / «La nostra patria è vile!»
Il 30 ottobre 1967, quello stesso anno verrà insignito della medaglia d’oro del comune di Milano, una motocicletta lo travolse a Sanremo. Morirà la mattina del 7 novembre, la notizia sarà sulla prima pagina del Corriere d’informazione e dell’Avanti. Le sue ceneri sono al Monumentale ricordato da un monumento funebre opera del figlio Alik Cavaliere, grande scultore oggi ben più noto del padre.
Molti testi di Cavaliere si trovano on line e gli è dedicato un sito (www.albertocavaliere.it) e di recente anche un libro.
La città lo ha ricordato con una via.
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