Prima Edizione – Mursia – Milano – 1964



ANCHE LE CANZONI SI FABBRICANO A MILANO 

Milano l’è un gran Milan, tutti lo sanno: 
la città delle industrie e dei commerci; 
produce e lancia sul mercato, ogni anno, 
un’infinita varietà di merci, 
dagli oggetti più semplici e ordinari 
ai più complessi e vasti macchinari. 

Ed in ogni sua strada – anche nel centro, 
non solamente alla periferia – 
c’è un cantiere, una fabbrica, con dentro 
macchine e braccia, vita ed energia. 
So che da Capo Passero a Merano 
chi vuol qualcosa parte per Milano, 

dove troverà tutto in bella mostra 
e tutto fatto a regola perfetta; 
o scrive ad una ditta, che s’affretta 
a dar riscontro alla “pregiata Vostra” 
nella speranza “ch’Ella, soddisfatta, 
ci ordini ancora” (pagamento tratta). 

Ma credevate, forse, che a Milano 
ci fossero soltanto i ragionieri? 
che vi fossero solo, a tutto spiano, 
grossi industriali e turgidi banchieri? 
che cerchereste invan, fra quei signori, 
poeti, musicisti e sognatori? 

Ebbene, amici miei, se permettete, 
vi debbo dir che il vostro è un grosso errore: 
lodino il mare, esaltino l’amore, 
cantino incontri, addii, pene segrete, 
perfino le canzoni, o belle o brutte, 
nascon tutte a Milano, o quasi tutte. 

A Milano, ma si: qui, fra il nebbione 
che avvolge cose ed uomini e pensieri, 
nella vecchia città dei ragionieri, 
dove il moderno traffico s’impone, 
qui spira pure tanto sentimento 
e nascon le canzoni a cento a cento. 

Ma poi Milano, benedetta e santa, 
paga le tasse, e lo Stivale canta

da Milano… poeu pu – Mursia- Milano – 1964



LA CHIESA DI SAN BABILA 

Da nove o dieci secoli a un dipresso, 
quella chiesetta se ne sta raccolta, 
indifferente al ritmo del progresso,
a ricordar Milano d’una volta, 
qui, dove il folle traffico moderno 
sembra piuttosto ricordar l’inferno. 

Intorno all’antichissima chiesetta, 
che ancor ricorda la Corsia dei Servi 
(quando Milano non aveva fretta, 
quando la gente non aveva i nervi), 
in tanti e tanti secoli di vita, 
questa nostra città s’è ingigantita. 

C’è un carillon, in cima al campanile, 
che guarda l’ampia ed agitata piazza 
e par che chieda, garrulo e gentile 
– Ma a che vi serve questa corsa pazza? –
Inutilmente: sorda a quella voce, 
Milano corre sempre più veloce. 

Corre, e gabbie di vetro e di cemento 
innalza verso il cielo all’impazzata;
e la chiesetta, nello smarrimento, 
si sente sempre un po’ più spaesata, 
mentr’era cosi bella e pittoresca 
nella vecchia Milano ottocentesca. 

Ebbene, amici miei, ve lo confesso, 
l’antico tempio – a parte la mia stima 
per tutte le conquiste del progresso ­ 
io lo vorrei veder com’era prima, 
signoreggiar fra l’umili casette 
e le viuzze solitarie e strette: 

cosi com’era in secoli lontani; 
e indovinar se siamo più felici 
con la radio-tv, con gli aeroplani, 
con questi enormi e comodi edifici, 
o se ha ragione lui, fra tanta fretta, 
il vecchio carillon della chiesetta… 

da Milano… poeu pu – Mursia- Milano – 1964



IL MILANESE IN VACANZA 

Si vuota la città: CHIUSO PER FERIE, 
si legge affisso a questo o a quel negozio; 
un desiderio di riposo e d’ozio 
spinge una schiera di persone serie 
a lasciar la città canicolare 
verso un rifugio alpestre o verso il mare. 

E in tutte le stazioni balneari, 
montane, idroterapiche, è indiscusso 
che, sia tra il fasto degli hôtels di lusso, 
sia nelle pensioncine familiari 
ove la vita è semplice e tranquilla, 
trovate puntualmente il “scior” Brambilla. 

È forse un “fondeghee” dal nome oscuro, 
o un “peruchee”, ma porta, ovunque sia, 
quasi il sigillo d’una garanzia,
come un marchio di fabbrica sicuro: 
i milanesi, “sciori” o bottegai,
conti in sospeso non ne lascian mai. 

E il bravo “fondeghee” si trova bene: 
c’era a Milano un caldo tropicale, 
mentre qui il tempo è proprio l’ideale;
e che donne, e che musiche, e che cene …
Ma presto il “scior” Brambilla ha l’aria stanca: 
sente che c’è qualcosa che gli manca. 

E dopo cinque, o dieci, o venti giorni, 
durante i quali il bravo milanese 
s’è divertito non badando a spese 
(cine, canaste e gite nei dintorni), 
mentre la noia cresce a mano a mano, 
s’accorge che a mancargli era … Milano. 

E torna a casa. Sarà brutto il clima, 
ma il nostro “fondeghee” torna beato 
a rifare il “danee” dilapidato, 
convinto come prima e più di prima, 
pronto a giurarlo, siatene sicuri,
che … Milan e poeu pu, cari i me’ sciori.

da Milano… poeu pu – Mursia- Milano – 1964



SANT’AMBROGIO 

Sono quindici secoli: Milano 
contava allora dentro i suoi confini 
solo cinquantamila cittadini, 
benché sede d’un cesare romano; 
e, Sant’Ambrogio, tu governatore, 

li amministravi con paterno amore. 

Milano, assai più grande e meno bella, 
di cittadini, ormai, n’ha due milioni, 
in buona parte veneti o “terroni”, 
ma tutti… milanesi in lor favella; 
e gli ambrosiani, se li metti in fila, 
son sempre suppergiù cinquantamila. 

Del resto, Ambrogio, tu – figlio di Roma ­ 
coronato di luce e di sapienza, 
trovasti qui la gloria e la potenza; 
e, senza dubbio, al tuo nativo idioma 
(naturalmente, il classico latino) 
alternavi il linguaggio meneghino. 

E a chi, non conoscendoti romano, 
ti domandava: “E tu, di dove sei?” 
senza esitare, ci scommetterei, 
rispondevi anche tu: “Son di Milano”; 
e in fondo, a ben rifletterei, lo eri, 
nel costume, nei fatti e nei pensieri. 

Uguale con i piccoli e coi grandi: 
un prepotente cesare dal trono 
scese umiliato a chiederti perdono 
(e aveva tutto il mondo ai suoi comandi)… 
Or c’è di “grandi”, ohimé, tutto un raduno, 
mentre di santi non ce n’è nessuno: 

nessuno come te, divino Ambrogio, 
che possa ancora compier quel miracolo; 
sicché i potenti, senza alcun ostacolo, 
stan preparando al mondo il necrologio. 
Per cui, dal cielo, vedi se ancor puoi 
farti un piccolo salto in mezzo a noi… 

da Milano… poeu pu – Mursia- Milano – 1964



LO ” SMOG ” 

Generalmente, l’organismo umano 
respira l’aria: ossigeno ed azoto; 
però non in città, dov’è pur noto 
(come a Torino, a Genova, a Milano), 
che c’è solo un ossigeno teorico: 
li, si respira l’acido solforico. 

Sentite questo buon pizzicorino 
entrarvi in gola, salutare, igienico? 
Voi vi chiedete: ossigeno?… No: arsenico! 
Sentite l’aria fresca del mattino 
scendervi al cuore, entrarvi nelle vene?… 
Ossigeno? Macché: benzopirene! 

Sta di fatto che l’aria cittadina, 
al giorno d’oggi, d’aria ha solo il nome ; 
noi ci cacciamo nell’inconscio addome 
carbonio, nafta ed acidi e benzina, 
che, specie in questo rigido gennaio, 
fan dei nostri polmoni un mondezzaio… 

Vivere in questi tempi è una fortuna, 
c’è chi proclama: quante cose nuove! 
Un giorno o l’altro andremo sulla Luna, 
sbarcheremo su Venere o su Giove… 
Grandi conquiste, si, ma – siate buoni ­ 
hanno i loro diritti anche i polmoni! 

Bello il progresso, si, non si discute, 
in special modo per chi va d’urgenza; 
ma – dico – se i progressi della scienza 
si devono pagar con la salute 
(e tanta scienza è proprio necessaria?), 
noi, francamente, preferiamo l’aria: 

l’aria sana, però, quella dei nonni, 
che usavan la carrozza, o i soli piedi, 
ma assaporavan più tranquilli sonni 
deludendo per giunta i propri eredi, 
anche se la genial penicillina 
era ignorata dalla medicina… 

da Milano… poeu pu – Mursia- Milano – 1964