CAVALIERE ALBERTO.
Ho qui una statistica veramente paurosa pubblicata dall’Automobil Club d’Italia, statistica che sarebbe ancora più paurosa se vi fossero i dati dei primi sei mesi del 1955. Da essa risulta che gli incidenti stradali furono, nel 1938, 31.265, con 38.370 persone infortunate. Nel 1952 gli incidenti salirono a 94.810, con oltre 76 mila persone infortunate; nel 1953 si ebbero 114.541 incidenti; nel 1954 124.230, con persone infortunate 104 mila e più.
Se queste cifre rispetto a quelle dell’anteguerra non sono aumentate come il costo della vita, mostrano tuttavia come anche in questo campo ci si avvii a grandi passi verso l’inflazione. Ed occorre porre riparo a tale situazione. Se noi esaminiamo infatti analiticamente i dati che ho riferito ora in sintesi di questa diligente e interessante statistica, avremo che nel 1954 vi sono stati 20.619 incidenti con autovetture private, 618 incidenti con autovetture pubbliche, 46.548 incidenti con micromotori e motocicli: una progressione veramente geometrica.
Tra le persone infortunate, abbiamo 6.300 conducenti di autovetture e 34.726 conducenti di motocicli. Persone trasportate ed in- fortunate: autovetture private 5.900, auto- vetture pubbliche 337, motocicli 7.932; persone messe sotto da autovetture private 8.300, messe sotto da autovetture pubbliche 201 (cifra ragionevole), da motocicli 9559; età dei conducenti: incidenti provocati o subiti da conducenti inferiori ai 16 anni 793 (naturalmente tutti motociclisti, perché a questa età non si può ottenere la patente di guida), da 16 a 21 anni: autovetture 408, motocicli 5.691.
Sono cifre significative, le quali dimostra- no che lambrette e motocicli in genere sono diventati un vero e proprio pericolo pubblico.
Giosuè Carducci a suo tempo chiamava i ciclisti “arrotini impazziti”. Io non so come avrebbe definito oggi i motociclisti: non certo centauri, perché v’era nel centauro insieme con il mostruoso qualcosa di umano e di poetico. Basta leggere la descrizione fattane da Gabriele D’Annunzio. Ma nei motocicli e nei motociclisti di umano v’è poco e di poetico non v’è nulla, anche se la moderna musa si chiama “velocità”.
So di turisti stranieri che risalgono in disordine le valli già discese con la tracotante sicurezza di trovare qui un po’ di riposo, un po’ di pace e di poesia: vi trovano invece la peste.
Se nel nostro paese, ragionando per assurdo, dovesse scoppiare la peste, il Governo prenderebbe certamente le misure adeguate. Ora, qui ci troviamo di fronte ad un vero e proprio contagio, il contagio della fretta, che è un vero flagello, del quale vediamo gli effetti in questa statistica.
Quindi, bisogna prendere tutte le misure necessarie per lo meno per contenere il flagello. Non voglio .rubare del tempo all’Assemblea leggendo ancora delle cifre; ma qui ci troviamo di fronte a un fenomeno davvero preoccupante, al quale bisogna far fronte con tutti i mezzi. Non saranno certo i provvedimenti da me suggeriti in quest’ordine del giorno a contenere il flagello di cui parlo. Ad ogni modo, anche se questi provvedimenti potranno contribuire a risparmiare qualche vita umana, sarà sempre qualcosa di utile che noi raggiungeremo. Il problema bisognerebbe affrontarlo e studiarlo in tutta la sua complessità; intendo dire che bisogna studiare tutto il problema della viabilità, soprattutto provvedere ad allargare la carreggiata di quelle autostrade più battute, come, per esempio, la Milano-Bergamo, dove si verificano giornalmente incidenti paurosi. So che sono realmente allo studio tali provvedi- menti, come so pure che vi è una proposta di legge sull’assicurazione obbligatoria, che è oggi una necessità e mi auguro che questa proposta di legge e questi provvedimenti divengano al più presto di attuazione pratica.
È indispensabile che il problema sia risolto; altrimenti arriveremo ad un giorno in cui la morte naturale sarà una vera eccezione (e qui mi appello a quella obliata musa che si chiama “lentezza” e concludo): anzi, aumentando il ritmo del progresso, questa sarà la morte naturale e più non parlerà nessun giornale di questo o di quel tragico decesso, ma leggeremo un titolo in neretto : “è riuscito a morir nel proprio letto!” (Applausi).