
Alik Cavaliere – Abscondita – Milano – 2015
…Rientravo, in incognito, dopo molti anni a Cittanova (Reggio Calabria), paese dei miei numerosi parenti. E iniziava la scoperta di questo meraviglioso paese. Mi recavo – era sera – nella piazza del Duomo, e avevo la piacevole sorpresa di un Duomo romantico.
Il pinto dal quale osservavo la piazza del Duomo mi consentiva un visione totale, e osservavo così la perfezione della piazza: a destra la piccola curia, antica ma modesta e piacevole, poi le vecchie case a far corona, fino al sopralzo sul tettonico, meravigliosamente semplice. Giungevano, nella fresca sera meridionale, due turisti e io rivolgevo loro stupito e perplesso la domanda “Quale città è questa?”, “Cittanova” e la risposta scioglieva il mio dubbio, retorico.
Che bella cittadina, e come era poco valorizzata. Proseguivo ed eccomi vicino alla piazza. Una piazza di paese, con tavolini di caffè, qualche alberello di oleandri. E sul fondo passa la zia: è la zia Lina e io le chiedo:”Da quando sei rientrata?” E lei semplice, per nulla stupita della mia presenza, mi lancia qualche battuta, chiede dei libri che ho in mano, e prosegue il suo cammino. Ed ecco che vedo affrescato un portico, un portico con scala e decorazione seicentesca, ma con disegno (carraccesco) vivo. I colori – con il verde predominante e l’azzurro a fare da contrappunto – sono quelli della maiolica; l’affresco che continua sulla vicina casa è sacro: grandi scorci di santi si spandono, dilatano, ma il tutto è reale, popolaresco, meridionale.
Ammiro e proseguo. Sono sulla via Nazionale. E qui il mio stupore è grande. La piccola città di provincia ha scimmiottato Roma. Infatti c’è una piccola, da cittadina, specie di monumento ai caduti in marmo di Carrara, con grandi gradini e tempesto – come a Roma, tranne le misure, i monumenti dell’epoca Piacentini.
E sul fondo della strada (poco più avanti, forse, di dove si girava per la vecchia casa paterna), un’altra costruzione in marmo, un’altra specie di “Altare della Patria” – sempre modesto, da provincia italiana, ma sempre stesso stile italietta impero. Io entro sotto il portico. Qualche negozio e sul fondo, a destra e a sinistra, due negozi di fiori.
Sulla strada è la folla dell’ora del passeggio, folla con molti bambini, rumorosa, simpatica.
Nel portico svolto a sinistra, e passo davanti a uno dei due fiorai: molti turisti si aggirano.
da Taccuini – Alik Cavaliere – Abscondita – Milano – 2015 – pag 83-84
In un divenire “illogico” e aggiungerei “incontrollato” – mantenendo del materialismo dialettico solo un pallido “divenire” – non possono interessarci i re e le regine, gli imperatori e i generali e tutti gli altri, coloro che di una illogica e intollerabile marea sono i protagonisti, sia pure i più rappresentativi. Non possono appassionarci gli episodi, sia pure scioccanti e violenti, che di un simile stato di cose sono il simbolo.
Può invece appassionarci e interessarci il “gesto” – anche modesto – che cerca logica e controllo.
È chiaro che solo per pochi, e i più folli (in genere filosofi, o pensatori, sognatori isolati), è possibile concepire piani e programmi di vasto rapporto con la logica e controllo.
Per gli altri che compiono “gesti” il gesto può essere singolo o plurimo, chiaro o apparentemente indecifrabile, generalmente moderato al momento in cui è compiuto. Di soliti è l’affermazione di un contrasto o al di fuori delle idee e dei concetti generali (della marea illogica e incontrollata che detta leggi e sentenze, stabilisce canoni e mode).
Quindi sempre gesti isolati, visti con diffidenza, inconcepibili per “benpensanti”.
Mio padre ha compiuto dei gesti nella vita per un concetto astratto: la libertà.
la sua libertà completa e totale di individuo e, poiché ha ricercato la libertà in un’epoca di sopraffazione collettiva, la libertà degli altri.
chiara la sua adesione alla rivoluzione sovietica, chiara la sua lotta la nazismo e al fascismo. Chiaro ritrovarlo oggi ancora all’opposizione di un “socialismo prataiolo”.
Ora giace, in un delirio lucido e ragionato, da uomo libero, anche nell’incoscienza.
da Taccuini – Alik Cavaliere – Abscondita – Milano – 2015 – pag 133
Per quanto io l’amassi, pensavo di superare più rapidamente lo shock per la morte di Bieba. Credevo che sarebbe restato un dolore profondo, ma preciso. Invece è una sensazione più vagava più vasta, più che dolore sconforto e rabbia impotente. Sembra di essere improvvisamente vecchi e ti resta un vuoto alle spalle che non puoi colmare in alcun modo.
Bieba- il padre Alberto detto “Bieba” dalla moglie russa e dai figli.
da Taccuini – Alik Cavaliere – Abscondita – Milano – 2015 – pag 135