
Antonino Raso – Cittanova – 2019
– Lavorare alla radio sarebbe stato come partecipare al festival del compromesso, i fascisti pullulavano in qualunque istituzione e principalmente nel più funzionale tra i mezzi di propaganda, dove la censura si sarebbe abbattuta in gran copia persino sulle scenette pubblicitarie…. Tuttavia…non si sarebbe annoiato come al Ministero dell’Aeronautica e non avrebbe mai più sentito allo stesso modo frustrante e intollerabile, la sensazione di buttare via il proprio tempo, il proprio estro, le proprie aspirazioni.
C’era da chiedersi come avesse fatto uno con i suoi trascorsi a vincere quel concorso così selettivo per il quale, oltre ai requisiti oggettivi di preparazione e talento, erano richieste anche “garanzie” dal punto di vista ideologico e politico di appartenenza al regime. Alberto probabilmente, supplì alla mancanza di fede fascista con la sua innata simpatia, con il suo fascino di affabulatore, con la sua spiccata vis comica e con la facilità e spontaneità di rima, che predisponeva subito all’ascolto e al sorriso. A spianargli la strada verso Milano, quasi certamente fu la proposta di collaborazione a il “Bertoldo”, giuntagli verso la fine dell’estate del 1937. La rivista satirica, nata appena un anno prima sotto le ali protettrici della Rizzoli su un progetto di Cesare Zavattini, raccolse quasi tutti i transfughi del “Marc’Aurelio”, cioè tutti quei vignettisti, giornalisti, disegnatori che erano stati pesantemente colpiti dalla censura per l’atteggiamento tenuto nel corso della guerra d’Etiopia. Ingannato dal successo che la rivista aveva riscosso e ritenendo che la campagna di stampa tesa ad esaltare l’impresa etiopica, accompagnata da pesanti battute nei confronti del Negus e delle popolazioni africane nonché da lazzi ed offese verso l’Inghilterra e la Società delle Nazioni, fossero una copertura più che sufficiente, lo stesso Cavaliere si era lasciato, con un’opera satirica, ad irridere la prosopopea dell’impresa, facendo finta di inneggiare alla conquista dell’Impero.